Leverage formula: ecco come si calcola il rapporto di indebidamento

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Il mondo della finanza e delle grandi aziende si regge su manovre e movimenti capaci di determinare, all’istante, il ritorno economico desiderato. Tuttavia, occorre effettuarle avvalendosi di una profonda conoscenza degli elementi in gioco evitando, ovviamente, di trascurare quelli che sono i trend del momento. Basti pensare al leverage, formula imprescindibile per valutare l’andamento di una specifica attività sulla scorta del suo rapporto di indebitamento. Gli esiti che fuoriescono da questa operazione sono in grado di stabilire quali mosse compiere, sia nel breve che nel lungo periodo, affinché i soggetti interessati possano incanalarsi verso una redditività accettabile, oltre che gratificante.

Leverage, formula sul rapporto di indebitamento: come si calcola?

Andando maggiormente nel dettaglio della faccenda, si può constatare che il leverage è una pratica che interessa specificamente l’analisi di un bilancio aziendale. In parole povere, è l’effetto che si ottiene con l’aumento o la diminuzione del rapporto di indebitamento. Quest’ultimo, poi, è determinato dal rapporto tra i debiti finanziari maturati col ricorso al credito e il capitale di impresa ed innalza o decrementa l’indice di redditività sul capitale investito. Perciò, vien da sé che una certa soglia economica riesce a donare la giusta serenità non appena si ha un divario positivo tra l’indicatore di efficienza della gestione tipica e il tasso di interesse su quel capitale preso in prestito.

Volendo fare un esempio concreto di quanto affermato sino ad ora, si può ipotizzare che un’impresa abbia preso 10.000 euro per poi investirli nella gestione tipica aziendale, ovvero quell’area operativa che si occupa di realizzare un determinato prodotto. Se il predetto importo rende intorno ai 1.000 euro con un tasso di interesse del 5%, il prestito, alla fine della fiera, costerà soltanto 500 euro. Gli altri 500 euro rappresentano un guadagno capace, al netto delle imposte, di compensare una parte degli investimenti effettuati all’inizio.

I rischi di una formula come il leverage

La pratica della leva finanziaria crea profitto mediante l’impiego del capitale di terzi, proveniente spesso e volentieri da banche o da altre tipologie di creditori. Per quanto possa apparire estremamente vantaggiosa, questa formula ha i suoi rischi. Molte realtà si trovano impelagate in un meccanismo dove i tassi di interesse aumentano condizionando gli investimenti (ottenuti, magari, sempre da un terzo soggetto) e pregiudicando, inevitabilmente, qualsivoglia margine di profitto. Non è un caso, infatti, che il leverage sia stato uno dei motivi dell’attuale crisi mondiale, con aziende piccole e grandi pronte ad indebitarsi pur di salvare la propria situazione economica e finanziaria. Ma occorre prestare attenzione persino quando il leverage è positivo, poiché una redditività adeguata non garantisce un potenziale indebitamento qualora si concretizzi si opti per un’iniziativa azzardata.

Per quanto riguarda l’ambito borsistico, il leverage assume un significato pressoché simile. Se un investitore riceve del denaro in prestito per investirlo e avere dei rendimenti superiori ai tassi di interesse, deve ricorrere alle sue capacità e alla sua scaltrezza affinché ciò avvenga. Quindi, il tutto viene rimesso nelle mani  di un singolo individuo che dovrà evitare di finire in una spirale autodistruttiva capace di azzerargli la liquidità in men che non si dica.

 



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