Opposizione all’esecuzione: che cosa fare? Ci sono dei costi?
Chi è sottoposto ad un processo esecutivo ha a sua disposizione alcuni strumenti per difendersi, contestando l’esistenza del diritto del creditore oppure le modalità attraverso questo è stato preteso. L’articolo 615 del Codice di Procedura Penale introduce l’opposizione all’esecuzione, attraverso la quale il debitore contesta il diritto del creditore di procedere con l’esecuzione forzata. Vediamo meglio in cosa consiste, quando si può fare e quali costi comporta.
Cos’è l’opposizione all’esecuzione e quando si può fare
L’opposizione all’esecuzione è un procedimento giudiziale che può essere instaurato prima o in pendenza del procedimento per esecuzione forzata ed ha l’obiettivo di accertare la regolarità del titolo esecutivo (che può essere una sentenza, un decreto ingiuntivo e così via). È uno strumento che tutela il debitore, che può evitare un’esecuzione illegittima, ma anche il creditore, il cui titolo esecutivo può essere accertato e quindi può ottenere il soddisfacimento del suo diritto di credito.
Il debitore può ricorrere all’opposizione quando intende contestare il diritto della controparte a procedere con l’esecuzione forzata; per farlo deve rispettare un limite temporale, perché l’opposizione non è ammissibile dopo la disposizione della vendita o dell’assegnazione dei beni pignorati. I casi in cui è possibile contestare l’esecuzione sono i seguenti:
- il titolo esecutivo è inesistente o inefficace;
- il diritto vantato dal creditore precedente è inesistente;
- il bene oggetto di esecuzione è impignorabile.
Opposizione preventiva ed opposizione successiva
Se l’opposizione viene posta prima dell’inizio dell’esecuzione si parla di opposizione preventiva o pre-esecutiva. Il debitore, dopo aver ricevuto l’atto di precetto, contesta il diritto del creditore e, con l’assistenza di un avvocato, propone l’opposizione con la notifica dell’atto di citazione al creditore e l’iscrizione a ruolo di una nuova causa. Si apre quindi un nuovo processo giudiziario che è incidentale rispetto al processo esecutivo: la competenza è del tribunale (o del giudice di pace per cause inferiori ai 5.000 euro) del luogo dell’esecuzione.
Se invece l’opposizione viene posta quando l’esecuzione è già iniziata, si parla di opposizione successiva. In questo caso l’obiettivo del debitore è quello di far valere i limiti di pignorabilità sui beni oggetto di esecuzione. In situazionni del genere si deve procedere con un ricorso in opposizione all’esecuzione, che viene depositato alla cancelleria del giudice che si occupa dell’esecuzione, che emette un decreto con cui fissa la data dell’udienza. Come alternativa all’opposizione successiva, il debitore può richiedere la sospensione della procedura esecutiva.
I costi del nuovo procedimento
L’avvio di un procedimento giudiziario comporta sempre dei costi e lo stesso vale anche per l’opposizione all’esecuzione. Al di là del compenso che si dovrà riconoscere al proprio legale, il procedimento genera una serie di spese vive. La più importante è rappresentata dal contributo unificato dell’opposizione all’esecuzione, indispensabile per l’iscrizione al ruolo della causa: l’entità del contributo è determinata dal valore della causa e va da un minimo di 43 euro per le cause di valore inferiore ai 1.100 fino ad un massimo di 1.686 euro per cause con valore superiore ai 520.000 euro.