Vendita BTP prima della scadenza: conviene oppure no? Cosa fare?
I buoni del Tesoro poliennali sono dei titoli emessi dallo Stato: vengono percepiti come strumenti di investimento molto sicuri e per questo sono molto apprezzati dagli italiani che non amano molto il rischio che contraddistingue altre forme di investimento. I buoni possono avere durate medio-lunghe, dai 3 ai 50 anni: al raggiungimento della scadenza l’investitore riceve il valore nominale investito, mentre periodicamente riceve la cedola. Ma si può fare la vendita del BTP prima della scadenza? Cerchiamo di capire se è una possibilità concreta e se è una scelta che conviene o meno.
Si può fare la vendita di BTP prima della scadenza?
Prima di tutto chiariamo una cosa: è possibile vendere un BTP prima che raggiunga la scadenza. Per poter dire se si tratta di un’operazione conveniente o meno bisogna invece fare alcune valutazioni, perché tutto è legato alla variazione della quotazione del titolo. I buoni poliennali, come si capisce dal nome stesso, sono pensati per investimenti di medio o lungo periodo, quindi sono formulati per far sì che il rendimento sia più alto se il titolo viene detenuto per più tempo. Apprezzati da chi non ama il rischio e da chi è alla ricerca di pagamenti costanti (i BTP prevedono il pagamento di cedole semestrali), questi buoni emessi dallo Stato sono disponibili sia per gli investitori istituzionali che per i privati, che possono acquistare i BTP tramite il mercato telematico delle obbligazioni e dei titoli di Stato per tagli minimi di 1.000 euro.
I BTP vengono offerti attraverso un’asta che ne determina il prezzo di aggiudicazione e le quantità di titoli emessi. Solitamente le aste si tengono ogni mese. Tutti i titoli in emissione prevedono una commissione, che viene calcolata in base alla vita residua del titolo: si va da 0,15 per i BTP a 3 anni per arrivare a 0,5 per i BTP a 50 anni. Come detto, la vendita di BTP prima della scadenza è possibile, ma non è sempre un’operazione conveniente. La differenza la fa la quotazione dell’emissione successiva: se questa è più alta, sarà difficile riuscire a vendere i buoi senza andare incontro ad una perdita; se invece la quotazione della nuova emissione è più bassa, ci sono più chance di guadagnare con la vendita del BTP.
Quando conviene e quando non conviene vendere il titolo
Con un esempio forse il concetto diventa più chiaro. Supponiamo di aver acquistato un BTP con scadenza a 10 anni al costo di 100 e con cedola annuale al tasso del 5% fisso. L’anno successivo vengono emessi nuovi titoli con un tasso di interesse più alto (6%): il nostro BTP diventa più difficile da vendere, perché sul mercato c’è una soluzione che offre un rendimento maggiore; per poterlo piazzare sarà necessario accontentarsi di un prezzo nominale più basso. Considerando che mancano nove anni alla scadenza del nostro buono e che i tassi della nuova emissione sono aumentati dell’1%, per trovare l’interesse di qualcuno sarà necessario scendere ad un prezzo di vendita di 91, ma l’operazione non sarebbe conveniente. In situazioni del genere, meglio mantenere il titolo fino alla scadenza, in modo da non andare incontro ad una perdita sul valore nominale.
È invece diverso il caso in cui la cedola dei titoli dell’emissione successiva sia più bassa. Se l’interesse proposto è il 4%, gli investitori saranno più interessati ad acquistare il nostro BTP, che offre il 5%. Il nostro titolo avrà una quotazione più alta: considerando la riduzione del tasso di interesse dell’1% e la durata residua di 9 anni, il titolo può essere piazzato a 109, con un guadagno del 9% sul valore nominale. Chi investe con fini speculativi, e quindi non ha alcun interesse a detenere il buono fino alla sua scadenza, approfitta di queste variazioni delle quotazioni.