Contratti d’opera: come funzionano? Quando si possono recedere?
Quando un soggetto si impegna a compiere una determinata azione o a prestare un determinato servizio a favore di un altro soggetto, che a sua volta si impegna a versare un corrispettivo economico, ma senza alcun vincolo di subordinazione, si dà luogo ad una prestazione autonoma. Per mettere nero su bianco questo rapporto di lavoro si ricorre ai contratti d’opera: vediamo come funzionano, quali sono i loro elementi fondamentali e quando si possono recedere.
Come funzionano e quali sono gli elementi fondamentali dei contratti d’opera
Il contratto d’opera lascia la massima autonomia al lavoratore, che comunque deve rispettare l’obbligo di completare il compito previsto dal contratto con i tempi e nelle modalità indicate. Parliamo quindi di un contratto autonomo: il lavoratore organizza da solo i tempi ed i mezzi per portare a termine la prestazione o l’azione pattuita. I contratti d’opera sono introdotti dall’articolo 2222 del Codice Civile, che individua le quattro caratteristiche fondamentali:
- il lavoro viene svolto in modo indipendente;
- non ci sono vincoli di subordinazione;
- il lavoratore è obbligato a raggiungere un determinato risultato;
- il lavoro deve essere consegnato entro la scadenza prevista dal contratto.
È importante sottolineare che le prestazioni d’opera non sono soggette i contributi Inail, ma è necessario versare quelli previdenziali alla gestione separata dell’INPS: questo obbligo, come previsto anche per le collaborazioni occasionali, scatta solo dopo la soglia dei 5.000 euro; i contributi calcolati sulla parte eccedente sono a carico per 2/3 del committente e per 1/3 del lavoratore.
La legge non prevede l’obbligo di registrazione dei contratti d’opera: in linea teorica, il patto può essere sancito anche verbalmente. Ovviamente sarà comunque necessario regolarizzare il tutto con l’emissione della ritenuta d’acconto al momento del pagamento. Ad ogni modo, per evitare fraintendimenti, imbrogli o accuse di lavoro in nero, è sempre meglio mettere tutto nero su bianco e procedere con la registrazione. Si può fare andando dal notaio (opzione più costosa) oppure presentando il contratto all’Agenzia delle Entrate; in alternativa, potrebbe essere sufficiente inviare il contratto tramite posta elettronica certificata e conservare la ricevuta di consegna. A prescindere da tutto questo, nel contratto devono essere presenti alcuni elementi imprescindibili: la descrizione dettagliata dell’opera in questione, i tempi di consegna, il prezzo accordato, le tempistiche per il pagamento e la data e le modalità per l’eventuale recesso.
Il recesso dal contratto da parte del committente e del prestatore d’opera
A proposito di recesso, l’articolo 2237 del Codice Civile dice che il cliente ha la possibilità di recedere dal contratto pagando il compenso per l’opera svolta e rimborsando al prestatore d’opera le spese che ha sostenuto. Anche il prestatore d’opera può recedere dal contratto, ma solo per giusta causa: in questo caso ha il diritto di essere rimborsato delle spese fatte e di ricevere il compenso per l’opera svolta, calcolato in base al risultato utile per il cliente. Il recesso del prestato d’opera è possibile solo se non comporta un pregiudizio nei confronti del cliente. Se l’opera fornita dal lavoratore non è corrispondente con quella pattuita, il committente deve potersi tutelare. È possibile cercare un nuovo accordo con il prestatore d’opera, fissando una uova scadenza entro la quale questi dovrà conformarsi: se questo non avviene, il committente può recedere e può anche richiedere il risarcimento dei danni, ma questo è possibile solo se il contratto è stato registrato e se il compito da eseguire e le scadenze da rispettare sono espressamente e chiaramente indicate.